King Crimson - In The Court of The Crimson King

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.Jaco
view post Posted on 4/10/2012, 17:54     +1   -1




King Crimson - In The Court of The Crimson King
E.G. / Island Records - 1969


In-the-Court-of-the-Crimson-King-by-King-Crimson-in-1969

Tracklist:
1. 21st century Schizoid Man
2. I Talk to the Wind
3. Epitaph
4. Moonchild
5. The Court of the Crimson king

Line Up:
Greg Lake - basso, voce
Robert Fripp - chitarra
Ian McDonald - fiati, tastiere, voce secondaria
Michael Giles - batteria
Pete Sinfield - testi

Genere: Progressive Rock

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Figura imponente e alfieri della musica progressive, i King Crimson sono stati per oltre quarant’anni simbolo di originalità, di avanguardia, di rinascita, tra le formazioni distintive e, di fatto, gli apripista del genere nell’ultimo anno di vita dei 60’s con la pubblicazione dell’album di debutto.

Occorre però fare un salto temporale indietro di due anni, quando Robert Fripp, un giovane chitarrista dai capelli riccioli e occhiali dalla montatura tondeggiante, risponde a un annuncio trovato su un giornale locale rilasciato da due fratelli, Mike e Peter Giles, i quali stavano cercando un cantante e organista per formare una band.
Il giovane, nonostante non fosse un cantante e con scarsa esperienza (per mantenersi suonava in un’orchestra di un albergo a Bournemouth) rispetto ai Giles (che avevano militato in un gruppo, i Trendsetters Ltd, con la pubblicazione di qualche 45 giri, ma senza grande fortuna) fu comunque convocato per un provino e con grande sorpresa invitato ad unirsi ai due. Nascono così i “Giles, Giles & Fripp” con i fratelli Mike e Peter rispettivamente a batteria e basso affiancati da Fripp il quale si accolla l’arduo compito di occuparsi di organo, chitarra e canto.
Ne segue la pubblicazione, nel 1968, del primo disco, “The Cheerful Insanity of Giles-Giles-Fripp”, un modesto lavoro di psichedelia, pop e Jazz che però non riscuote un grande successo commerciale, ma i tre non si perdono d’animo e uniscono le forze con Ian McDonald, stimato tastierista/flautista al quale seguì l’ingaggio della fidanzata Judy Dyble (ex voce dei Fairport Convention), che, tuttavia, abbandonò poco tempo dopo, con la fine della relazione tra i due, e del paroliere Pete Sinfield già collega e amico di McDonald.
Nonostante i nuovi arrivati, il successo stenta ad arrivare e Fripp comincia a far valere la sua volontà di orientare la musica del gruppo verso lidi più sperimentali e meno pop, in netto contrasto con le idee di Pete Giles il quale decide di abbandonare il gruppo (fu vano il tentativo di trattenerlo del chitarrista offrendosi di uscire al posto suo). Come sostituto fu chiamato il ben più dotato Greg Lake nel ruolo di bassista e frontman.

Con la dipartita di uno dei membri fondatori il gruppo decide di cambiare monicker, sotto suggerimento di Sinfield, in King Crimson. Dopo una serie di prove intense i Kink Crimson esordiscono il 9 Aprile 1969 al Club Speakeasy di Londra al quale, seguì la partecipazione al programma radiofonito Top Gear, gestito dalla BBC. L’apice arrivò con la proposta di un concerto settimanale al Marquee Club (in cui avevano già suonato coem band supporto degli Steppenwolf), ma soprattutto la partecipazione al concerto gratuito al’Hyde Park del 5 luglio a supporto di Family e Rolling Stones, evento che permise alla band di avere una grande visibilità al pubblico (più di 300.000 persone assistettero al concerto).
Dopo aver fatto anche il loro primo live negli Stati Uniti esibendosi con artisti del calibro di Janis Joplin, Johnny Winer e Iron Butterfly (nonchè nuovamente gli stessi Rolling Stones) il 12 Ottobre 1969 avviene il rilascio della prima fatica musicale a nome King Crimson, “In The Court of the Crimson King” che segna l’atto di nascita definitiva del prog dopo le forme embrionali di Family, Spirit, Nice, Moody Blues e Procol Harum.
La line up del disco quindi (registrato curiosamente poche ore dopo lo sbarco sulla luna, notizia peraltro diffusa da Lake al pubblico del Marquee durante una loro esibizione) appare la seguente: Robert Fripp (chitarra), Greg Lake (basso, voce), Pete Sinfield (testi), Ian McDonald (fiati, tastiere, voce secondaria), Michael Giles (batteria).

Il disco è aperto da quella che è forse la traccia più popolare e conosciuta del gruppo, 21st Century Schizoid Man (rappresentato al meglio nella splendida copertina dell’album, realizzata da Barry Godber, che scomparve prematuramente a 23 anni poco dopo l’uscita del disco), un vortice imprevedibile di Jazz e Hard rock nel celeberrimo riff introduttivo, su cui si staglia un Lake insolito nel proprio stile, voce distorta e cantato quasi urlato. Ne segue una fuga strumentale acida, incontorllata, grottesca con un Fripp in grande spolvero nei suoi assoli malati circondato da una batteria martellante e da un basso pulsante . Il brano è una condanna, attraverso lo strumento della metafora al governo americano, rappresentato, appunto, dall’uomo schizoide del 21simo secolo (“Politicians' funeral pyre”) e alla guerra del Vietman, in corso in quegli anni ("innocents raped with napalm fire").
La successiva Talk to the Wind è una dolce e soave ballata acustica risalente al periodo di Giles, Giles & Fripp, aperta e sorretta in tutta la sua durata dai flauti di Mcdonald e dal mellotron. Cantata in diversi tratti a due voci, I Talk To The Wind ha per testo il discorso di un giovane studente dell’epoca, il quale ancora, non fa mancare delle critiche alla società (“you don’t possess me”, “you can’t instruct me”).
Metaforicamente parlando questa seconda traccia rappresenterebbe la quiete prima della tempesta, sulla dissolvenza di quest’ultima si odono infatti i timpani che fanno da introduzione alla cupa, pessimista e tristemente catastrofica Epitaph. Il mellotron si fa strada con fiumi di note accompagnato da una lievissima ritmica acustica su cui la voce sofferente di Lake veste i panni del profeta e fa sentire tutta la sofferenza dell’umanità giunta al proprio epitaffio, alla fine di tutto (“Confusion will be my epitaph”, “The fate of all mankind I see / Is in the hands of fools”). Sulla conclusione la voce si lancia nell’urlo disperato e straziato del genere umano, afflitto e consapevole del capolinea a cui sta giungendo (“But I fear tomorrow I'll be crying”) mentre il mellotron svetta su tutto il resto con prepotenza concludendo in dissolvenza il brano.
Moonchild apre il lato B dell’opera, una ballad introdotta dal duo mellotron e chitarra seguiti dal vibrafono e dalle percussioni docili di Giles. Il resto del brano è caratterizzato da un lungo susseguirsi di suoni e giochi sonori apparentemente sconnessi tra loro portando il brano verso un eccessivo dilatamento della sua durata compromettendone in parte l’attrattività.
Il suono incalzante del mellotron introduce l’ultimo capitolo del disco, si tratta del brano omonimo scritto da McDonald ben prima in entrare a far parte del re cremisi. L’atmosfera è prettamente medievale (si incontrano alcuni perosnaggi pittoreschi attraverso il testo come “The Black Queen” o “The Fire Witch”); i docili arpeggi di acustica di fripp nelle strofe uniti al flauto fanno da preludio al ritornello, dove il mellotron esce dagli argini e sostiene il coro magico e straripante sollevato da tutti i componenti. Il tutto viene infarcito da un magnifico assolo di flauto di Mcdonald. prima dell’apparente chiusura del pezzo. Si perchè dopo un’epica sfumatura sul mellotron il pezzo sembra giunto alla fine, ma a sorpresa l’alienante e scherzoso intermezzo strumentale chiamato “The Dance of the puppets” irrompe sulla scena richiamando successivamente il tema principale del brano per poi concludersi bruscamente e inaspettatamente.

In The Court of the Crimson King rappresenta un capitolo di fondamentale importanza per tutto il movimento prog che verrà nei periodi successivi alla sua uscita, un lavoro che incoraggerà un numero spropositato di artisti a intraprendere la strada aperta del re cremisi. Alcuni come i genesis hanno pescato dal lato più altezzoso e appariscente forgiandone il proprio sound attraverso un’interpretazione più superficiale, altri ancora, come i van Der Graaf Generator hanno sviscerato e analizzato più in profondita l’opera di Fripp e compagni dando vita a uno stile personale e inimitabile fino ai giorni nostri
Insomma, la prima testimonianza della creatura King Crimson rappresenta un lavoro unico nel suo genere, dal valore storico incalcolabile e dalla qualità sopraffina delle composizioni, destinate a diventare capostipiti di un nuovo genere e di un nuovo modo di intendere le musica trascendendo di fatto i limiti del rock. 


Voto: star5_5
 
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Eriolmon
view post Posted on 20/11/2013, 21:29     +1   -1




..eh?
 
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angeleddie
view post Posted on 9/1/2014, 06:12     +1   -1




Un altro aspetto da evidenziare è sicuramente l'assenza di melodie facilmente orecchiabili, anche se, come detto in precedenza, l'inserimento dei sintetizzatori ha levigato le caratteristiche della loro musica. Molti pezzi non sono memorizzabili fin dal primo ascolto, specialmente gli ultimi, ma dopo un po' di pazienza l'ascoltatore riuscirà a cogliere appieno tutte le canzoni.
 
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2 replies since 4/10/2012, 17:54   365 views
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